Un tempo le piccole forme cilindriche di pecorino (o a latte misto di pecora e vacca), prodotte nel Montefeltro o nella zona delle crete senesi, venivano poste nelle fosse tronco-coniche (con una sola apertura in alto e profonde circa 3 metri) scavate nel sottosuolo di tufo ad agosto e le fosse – sigillate con sabbia e tavole di legno – venivano poi aperte attorno al 25 novembre, festa di Santa Caterina.
I pecorini, chiusi in sacchi di tela, nei mesi passati al caldo e al chiuso e sotto la pressione di un peso notevole che li deformava visibilmente, rifermentavano e assumevano sapori e fragranze assolutamente uniche e non riproducibili diversamente.
Il risultato dovrà essere un formaggio di fossa ricco di aromi terrosi e di sottobosco, dal sapore delicato, quasi dolce all’inizio, ma poi sempre più intenso fino al piccante, con un retrogusto amaro e persistente.