Dal 1959 l’Alaska è il 49° Stato americano. I 650 mila abitanti di questo immenso paese (1.717 mila chilometri quadrati contro 301 mila dell’Italia) decisero di alzare la bandiera a stelle e strisce per mettere fine alla guerra dei salmoni. I salmoni costituivano la loro ricchezza. La cupidigia degli industriali americani, che avevano posto centinaia di trappole sui fiumi, minacciava di estinguerli. Solo un governo che curasse i problemi del paese avrebbe abolito le trappole devastatrici. Dopo il plebiscito, infatti, Washington salvò i salmoni. La grande avventura dell’Alaska era cominciata proprio alla vigilia del Novecento. E in Russia lo zar si mangiava le mani. Perché l’Alaska un tempo apparteneva alla Russia. Bering l’aveva esplorata per conto dello zar. E nel 1867 lo zar l’aveva venduta a Washington per 7 milioni di dollari. Oggi l’Alaska, dove il termometro scende a 60°C sotto zero, e per nove mesi l’anno è coperta dai ghiacci, non è solo l’Eldorado moderno, è anche una rete di basi militari. Ha tanti aeroporti civili ma è percorsa anche da enormi bombardieri che volano in stato di allarme. Lo stretto di Bering divide l’Alaska dalla Siberia: è il confine tra gli Usa e la Russia. Un confine caldo, malgrado i ghiacci. Oggi il salmone selvaggio viene pescato in un ampia zona della costa del Pacifico che va dal Nord della California fino al mare di Bering e all’oceano Artico, nelle acque tra le più pure del mondo. La pesca del salmone è strettamente controllata dalle istituzioni locali, i permessi di pesca sono regolamentati da norme rigidissime, (addirittura sul numero di pesci che ogni barca può pescare). Il fine è di garantire il mantenimento di quell’abbondanza di popolazioni di salmone selvaggio, che oramai solo l’Alaska con le sue leggi intransigenti è stata in grado di mantenere. Questo tipo di pesca sostenibile ed ecocompatibile permette di salvaguardare queste grandi specie ittiche, che danno sostentamento ad un gran numero di animali dagli orsi alle aquile, mantenendo intatto un ecosistema unico al mondo. In Alaska, questo pesce prelibato, sano e nutriente, soddisfa i bisogni di chi abita vicino al mare e fa pesca d’altura o di chi vive nelle foreste e lo trova nei fiumi. Persino gli orsi ne sono ghiotti! Percorre migliaia di chilometri, prima nelle acque dolci, poi in mare aperto, dove trova una fauna ricca e variegata, per poi risalire faticosamente i fiumi, arrivando stremato nel luogo di riproduzione dove le acque sono pulite e ossigenate. Il salmone selvaggio ha quindi il sapore della natura incontaminata; la struttura del suo corpo è quella di un grande atleta selezionato dalla forza degli elementi, dalla legge del più forte, fatto di muscoli, povero di grassi e ricco di qualità nutrizionali, in particolare dall’abbondanza di Omega 3. Prima di partire per la sua ultima risalita, il Sockeye si ammassa in branchi di fronte alle bocche dei fiumi turbolenti e gelati dell’Alaska. C’è un momento giusto per pescarlo, quando ancora non ha cominciato a dimagrire e la carne inizia a prendere il suo classico colore rosato. Il salmone pescato viene pulito e lavato con l’acqua di mare, poi viene portato a -20°C per iniziare la strada verso l’esportazione.
Provenienza: Alaska |