Cucina giapponese: Bentō
Oggigiorno il bentō, il cestino per il pranzo, è popolare in tutto il mondo. Per esempio, in paesi come la Francia è di moda prepararsi il pranzo imitando gli eleganti e graziosi cestini giapponesi.
Il bentō originariamente nacque in Cina durante la Dinastia Song e designava un tipo di cibo comodo perché facilmente trasportabile. Alla fine del 1300 questa usanza fu trasmessa a Kyōto, dove ebbe una grande fioritura. Attualmente tra i bentō che esprimono la varietà del cibo locale, c’è un’accesa disputa per contendersi il titolo di migliore cestino a livello nazionale. All’inizio il contenitore del bentō era costituito da tre scatole fatte di fili di bambù intrecciati, sovrapposte l’una all’altra e riempite con il cibo. Si portava con sé quando si andava a vedere i pruni in inverno, i fiori di ciliegio in primavera, in occasione della raccolta dei funghi matsutake e quando ci si recava ad ammirare le foglie colorate in autunno.
Dalla fine del 1500, periodo che corrisponde all’epoca Azuchi-Momoyama (1568-1600), cominciarono a essere utilizzate delle tavolette di legno per fabbricare i contenitori. Così nacquero i sagejū, scatoline che contenevano un set per il sake e piccoli piatti che venivano distribuiti fra i commensali. Questa tradizione continuò nell’epoca Edo e diede origine a vari tipi di bentō. Verso la fine del 1600, nell’era Genroku, durante gli spettacoli di kabuki, gli spettatori preparavano e portavano a teatro un cestino per il pranzo: questo tipo di bentō iniziò a essere venduto a Edo intorno alla metà dell’Ottocento sotto il nome di makunouchi bentō.
Nell’epoca Meiji (1868-1912), per rendere piacevole il viaggio dei passeggeri del treno a vapore, fecero la loro comparsa dei punti vendita di bentō nelle stazioni (ekiben, bentō della stazione). Ancora oggi nelle stazioni esistono molti negozi che servono cestini il cui contenuto valorizza le specialità locali.
Infine nel 1937, nell’ambito dell’alta gastronomia di Ōsaka, nacque il cestino di forma quadrata e suddiviso all’interno in quattro parti chiamato Shōkadō bentō.
In origine era un contenitore in cui i contadini tenevano i semi. Successivamente fu elevato a contenitore di cibi,
ispirandosi alla leggenda secondo cui Shōkadō Shōjō, un pittore dell’inizio del periodo Edo, lo utilizzava come portacolori. I suoi scomparti si riempiono con riso al vapore che mantiene la sua bontà anche se freddo, sashimi, cibi alla griglia, bolliti e assaggini. È un’opera d’arte culinaria, che sposa il pensiero e la fine sensibilità giapponese nei riguardi delle quattro stagioni e si attualizza nell’uso degli ingredienti caratteristici di ciascuna di esse e di una gamma di colori che copre il rosso, il giallo, il verde il bianco e il nero.